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Certi sbagli
sono mitici
OOgni errore è memorabile. Impossibile dimenticare fino a dove possiamo arrivare quando sbagliamo strada. Sì, perché in fondo ogni errore è un’esperienza: ci permette di esplorare altre possibilità, di creare qualcosa di nuovo. Solo sbagliando progrediamo, scopriamo, impariamo. Certi errori, poi, hanno conseguenze straordinarie. Un po’ come accadde a me quel giorno. Ero arrivato lì per sbaglio, seguendo le indicazioni di uno sconosciuto, mentre girovagavo per una città altrettanto sconosciuta alla ricerca di un luogo dove passare il tempo. Girato l’angolo, anziché un Caffè, trovai un museo. Sfumato il disappunto, l’insegna stravagante catturò la mia attenzione: a caratteri cubitali, con uno stile decisamente bombato, nero lucido, su di un fondo azzurro acceso che sfumava all’arancio, campeggiava una scritta davvero curiosa
con un invito altrettanto singolare:
il tempo celebra gli sbagli mitici. Sapevo che esistevano collezioni di tutti i tipi, alcune davvero originali, e luoghi dove ammirarle, ma prima d’ora non ne avevo mai incontrato uno.
Entrai. Al centro della prima sala – immensa, bianca, con le pareti laccate, su di un enorme piedistallo in perfetto stile Impero spiccava una torta gigantesca a due strati, completamente ricoperta di glassa fondente. La caratteristica scritta in cioccolato fuso fatta a mano mi fece subito pensare alla Sacher, lo strepitoso dolce austriaco, e mi sembrò di sentire l’eco di un valzer. Ne stavo già assaporando la delizia, quando mi accorsi delle parole incise in superficie:
Uno sbaglio? Come poteva la torta al cioccolato più buona del mondo, essere considerata uno sbaglio? Incuriosito, cominciai a leggere la storia, scorrendo La Sachertorte, venni a sapere, era nata da uno sbaglio, sì, ma da uno sbaglio “di persona”: un giovane apprendista al posto di un esperto pasticcere. E non era andata poi così male, alla fine: il Principe von Metternich incaricò il cuoco ufficiale di corte di creare un dolce speciale per i suoi ospiti. Ammalatosi all’improvviso, il compito passò al suo giovane aiutante Franz Sacher, allora sedicenne, che amava particolarmente il cioccolato e decise di impiegarlo per la sua ricetta: tutto il resto è leggenda. Ancora stupito dalla celebrità di questo sbaglio, prosegui verso il corridoio e fui travolto da un brivido freddo: nella sala successiva una serie infinita di ghiaccioli multigusto erano appesi su tutte le pareti, compreso il soffitto. La temperatura era sottozero.
Cosa avrei scoperto qui? In un angolo era stato allestito un piccolo laboratorio: c’erano un bicchiere maxi, uno stecco di legno e una bottiglia di soda. Avvicinandomi, scattò un messaggio vocale che dava delle istruzioni:
Lo feci subito e il sorprendente risultato fu un ghiacciolo… artigianale: non appena versato, infatti, il liquido si congelò all’istante.
Esattamente come era successo ad un ragazzino americano in una gelida notte invernale: dimenticatosi fuori dalla finestra il contenitore con acqua e soda e il bastoncino di legno per mescolarli con cui stava giocando, il mattino seguente trovò al loro posto un blocco di ghiaccio, lo staccò e lo leccò con gusto... aveva inventato il primo ghiacciolo della storia. Che sbaglio mondiale, pensai.
Cos’altro potevo aspettarmi da quel luogo? Non certo delle patatine snack. E invece… me le porse una guida del museo mentre mi dirigevo al piano superiore. Lì per lì pensai a un omaggio, ma sul pacchetto c’era scritto
Assaggiandole, pensai “Ma no, siete perfette”: erano sottilissime, croccantissime, squisite. Ma sul retro del sacchetto, mi aspettava la storia: buone, buonissime ma nate anche loro per errore o meglio ancora, per un errore dispettoso. Uno chef del Moon Lake Lodge di New York reagì male alle lamentele di un cliente sulle french fries: troppo spesse, a detta sua. Infastidito dalla critica le tagliò il più sottile possibile e le mise a friggere, sperando di disgustare l’ospite con quella carta velina fritta. Ma non andò così: tutti le adorarono e oggi anche noi. Pensate: certi sbagli fanno proprio la felicità. E chi l’avrebbe mai detto? Salite le scale, mi aspettava un bar. Non finivano mai le sorprese in quel posto? Non era un bar qualsiasi: pieno di personaggi affascinanti, con un’aura sofisticata, sembrava uscito dal passato ma nello stesso tempo avrei potuto ritrovarlo in una delle vie più in della città.
Neanche il tempo di avvicinarsi al bancone ed ecco, subito, il barman a chiedermi che drink desiderassi. “Ne vorrei uno giusto”, risposi. E lui, sorridendomi,
mentre versava con eleganza Campari, Vermut rosso e del prosecco in un bicchiere tumbler colmo di ghiaccio e lo guarniva con una fetta d’arancio. Precisando gentilmente: “Negroni Sbagliato, Campari, Vermouth Rosso e Prosecco”. Capii subito che si trattava di un altro errore memorabile, e che questo errore vantava anche nel nome la propria pecca: questa volta eravamo a Milano, al bar Basso – scoprii subito dopo - dove il barista, preparando un classico Negroni, aveva preso il prosecco al posto del gin, creando uno sbagliato perfetto. Almeno così dice la leggenda. Ancora piacevolmente stupito da quel drink in perfetto equilibrio tra amaro e dolce, mi diressi verso l’uscita. Era arrivata l’ora di ripartire. In quel luogo improbabile, avevo sperimentato qualcosa di davvero inaspettato: la bellezza dell’errore.